“L’uomo dal cuore di ferro”, un film sull’eroismo della resistenza e la difesa dell’umanità – AgoraVox

 

Articolo di Patrizia Gradito  pubblicato su AgoraVox 30 gennaio 2019. L’uomo dal cuore di ferro, film del regista francese Cédric Jimenez, è tratto dal capolavoro di Laurent Binet HHhH, “il cervello di Himmler si chiama Heydrich”, romanzo vincitore nel 2010 del prestigioso Prix Goncourt du Premier Roman: è la narrazione di un fatto storico, un attentato contro un gerarca nazista, un’avventura mozzafiato e la celebrazione della scrittura vista come azione di giustizia.

Ricordare gli atti eroici di resistenza al male

rinforza il coraggio necessario per non scivolare

nel baratro dell’indifferenza

Josef Bublík, Jozef Gabčík, Jan Hrubý, Jan Kubiš, Adolf Opálka, Jaroslav Švarc, Josef Valčík – questi i nomi dei sette eroi che realizzarono il 27 maggio 1942 a Praga, l’attentato a Reinhard Heydrich, l’artefice della “soluzione finale” presentata nel 1942, alla Conferenza di Wannsee, avviata da Goering su indicazione di Hitler. La curva di una strada appena fuori città. L’attesa, le rotaie del tram, passanti. Immagini che scorrono a tratti rallentate, poi sguardi, poi lo sten che si inceppa, la bestia bionda sgomenta con la rivoltella in pugno, una bomba a mano che finisce sotto la Mercedes decappottabile e Reinhard Heydrich deposto a terra agonizzante. Il gerarca più spietato del Terzo Reich, controllando il sistema di polizia e di sicurezza della Germania nazista, esercitava un enorme potere e durante la seconda guerra mondiale svolse funzioni di direzione dell’apparato repressivo contro oppositori del regime, etnie “nemiche”, minoranze ed ebrei. Nominato RSHA (Reichssicherheitshauptamt, ovvero Direttoree Generale per la Sicurezza del Reich, uno degli otto dipartimenti in cui si suddividevano le Schutzstaffel, le SS, la nota organizzazione paramilitare nazista) e considerato il braccio destro di Himmler, si rivela essere il generale delle SS più feroce. Ben presto si presta a incarnare il perfetto ariano ottenendo l’ammirazione di Hitler in persona per la spietatezza e per l’efficacia delle sue azioni. In rapida ascesa politica, Heydrich arriva al vertice del Protettorato di Boemia e Moravia nel 1941, dove si dedica allo sterminio degli ebrei e degli oppositori al regime con inaudita efferatezza. Da Londra, dove il governo ceco è esiliato, parte contro di lui l’offensiva progettata dalla Resistenza che culminerà nell’Operazione Antropoide, che in greco significa “dall’aspetto umano”, un appellativo beffardo per “il macellaio di Praga”.

Ai coraggiosi paracadutisti Jozef Gabcik e Jan Kubis, uno slovacco e l’altro ceco, viene affidato l’incarico dell’esecuzione. Nella capitale ceca, in Via Resslova n. 9, si trova la lapide in loro memoria posta su una finestrella della cripta della Cattedrale di San Cirillo e Metodio, ancora crivellata di colpi, dove, combattendo strenuamente contro i nazisti, trovarono la morte.

Pur tracciando il profilo di questa sinistra figura tedesca con grande efficacia, il film non è biografico (un biopic): il gerarca nazista sembra essere il protagonista ma perde via via la ribalta, lasciando la scena ai suoi attentatori, mentre l’operazione “Anthropoid” si dispiega con la suspence incalzante del thriller. La sensazione è quella di scoprirla per la prima volta, in tutta la sua trascinante forza narrativa e nella sua drammatica verità documentaria, grazie alla sapiente regia. Lo spettatore è inchiodato sull’obiettivo dell’impresa titanica ed è commosso dal dal valore dei due giovani partigiani. I dettagli e la cura della fotografia pongono in risalto aspetti umani con grande maestria consentendo di centellinare gli aspetti più soggettivi, psicologici, relazionali e umani e dall’altra di seguire e mettere insieme i pezzi dei fatti. La narrazione, infatti, a cavallo tra storia, ossessioni e perversioni, non è cronologica e lo spettatore è direttamente coinvolto nella ricostruzione storica che risulta intensa. La vita dei due uomini, Jozef Gabcìk e Jan Kubis, dal reclutamento, all’addestramento, al viaggio a bordo di un Halifax, alla meticolosa preparazione dell’agguato di via Holesovice, quando faranno la loro comparsa altri personaggi, tra cui il traditore è seminata con scene retrospettive emozionanti. Un film che riesce ad amalgamare suspense e tormento senza mai allontanarsi dalla verità storica e dalla memoria e che pone l’occhio di bue su un dilemma etico, la lotta del bene contro il male. Jack Reynor, riferendosi all’eroe che ha impersonato, ha commentato: “Non si può stare a guardare i connazionali perseguitati in modo tanto disumano, senza fare nulla”.

Ed è qui che il film smette di essere il titolo più recente di una lunga filmografia sull’attentato a Reinhard Heydrich e diventa una storia esemplare di resistenza possibile, oggi assolutamente attuale.

 

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